(La veglia di Venere). Poemetto latino costituito da 93 settenari trocaici,
dedicato a Venere e all'amore. Ci è pervenuto privo del nome dell'autore
e senza indizio sicuro di età attraverso due codici dell'
Anthologia
Latina, uno della fine del VII sec. e uno della fine del IX sec. I caratteri
linguistici, stilistici e metrici inducono a credere che il carme sia stato
composto fra il III sec. e il principio del IV sec. Le ipotesi sull'attribuzione
sono comunque disparate e includono Catullo, Floro, Apuleio, Nemesiano,
Tiberiano. L'autore riprende l'antico simbolo fisico-poetico lucreziano di
Venere genitrice che diffuse per il cielo, la terra e il mare lo stimolo della
fecondazione, insegnò al mondo le vie della nascita, fu madre degli
Eneidi e di Roma e diede alla natura lo splendore della primavera. I critici
sembrano concordare nel dedurre dal testo che la festa di Venere dovesse
svolgersi in una località della Sicilia e non, come si pensava in un
primo tempo, in un'isoletta tra Roma e Ostia.